LE CHIAVI DI CASA: due Popoli e una terra contesa - Reading multimediale 11.10.2025

 

La Chiave di Casa è un simbolo che racchiude il cuore del conflitto.

Per i Palestinesi, è l'oggetto più sacro: un'eredità di ferro battuto, tramandata di generazione in generazione, che rappresenta l'esilio e il diritto al ritorno dalle case abbandonate durante la Nakba del 1948 e nelle guerre seguenti.

Per gli Israeliani, la chiave della nuova casa nella terra ancestrale simboleggia la fine dell'esilio, la libertà e la sicurezza di un luogo da cui non saranno mai più cacciati.

La chiave è la metafora di una terra in cui non c'è spazio per due sogni assoluti. Per uscire dalla spirale della guerra è necessario ammorbidire quei sogni: ogni popolo dovrà tradurre il proprio ideale chiuso e individuale in una soluzione condivisa, facendo spazio all'altro.

Sarà un reading multimediale, si alterneranno prose poesie musiche e filmati.

I versi saranno declamati da Susy Savarese, Carmela Laratta e Federica Nanci e Angela Caccia. Il Maestro Pignanelli al piano accompagnerà il soprano Bianca Sarcone. Presentatrici e voci narranti, Daniela Strangis e Anna Violante.

Nello stesso spirito di questo reading pubblichiamo i versi di Don Rosario Morrone a conferma del medesimo sentire e della medesima eco emotiva.


Terra e Corpi      

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Non chiedermi la bandiera.
Non sceglierò una parte,
perché la scelta è il primo morso della malattia.

Vedo un taglio che ci divide.

Da una parte:
corpi a un concerto,
il fuoco nelle case,
la nuda sorpresa della morte.

Dall'altra:
corpi sotto le macerie,
la fame fatta arma,
le speranze sepolte con le pietre.

L'istinto cerca il mostro
per sentirsi salvo, sentirsi umano.
Ma è una scorciatoia del pensiero che acceca.

La domanda non è "chi?",
è "come?".
Come può un uomo fare questo a un altro uomo?

Il disumano non è l'altro.
È un seme che dorme in noi,
germoglia nel buio dell'odio coltivato,
cresce sulla terra dell'umiliazione.

Il massacro è un abisso, certo.
Ma quale veleno antico spinge un uomo
a chiamare "liberazione" un massacro?

La difesa è un diritto, certo.
Ma quando la difesa diventa vendetta
che semina i terroristi di domani?

Qui sta il punto.
Qui si rovescia la bilancia.
La terra pesa più dei corpi.
L'identità più della vita.
La sicurezza di uno
costruita sul cimitero dell'altro.

La pace non è una firma su un foglio,
non è una pausa per caricare il fucile.

Pace è una madre a Gaza
e una madre a Tel Aviv
che sentono la stessa, identica paura.
E capiscono, d'un tratto,
che la salvezza di un figlio
è legata alla salvezza dell'altro.

A noi che guardiamo resta questo:
Rifiutare le risposte semplici.
Non togliere il volto al nemico.
Esigere acqua, non più armi.

Perché qui, alla fine, perdono tutti.
Chi muore, perde il respiro.
Chi sopravvive accettando la morte altrui,
perde l'anima.










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