ECHI DI POESIE NEL TEMPO dai greci a noi - 20.9.2025
Un viaggio in versi attraverso il
tempo: dalle origini della poesia nella Grecia antica fino alle voci
contemporanee, questo momento di lettura intreccia parole e temi che
attraversano i secoli e continuano a parlarci. I testi selezionati, letti ad
alta voce dagli studenti del Liceo Classico Diodato Borrelli, sotto la guida
delle professoresse Francesca Castagnino e Anna Maria Verzino, seguiranno un
filo tematico che unisce epoche e sensibilità diverse, rivelando come la poesia
riesca a essere sempre attuale, specchio dell’animo umano e del mondo che lo
circonda.
Il
tema del 20.9.2025: LA PACE E LA GUERRA
Poesie da Gaza
La poesia è un atto di bellezza, ma può diventare anche un atto di coraggio,
rappresenta la voce di chi, nonostante la brutalità del presente, continua a
credere nella forza della cultura. In questo consiste il valore delle poesie
scritte a Gaza, quella che vi presentiamo è una documentazione scritta in versi che
racconta di come si vive nella striscia di Gaza dopo il 7 ottobre del 2023.
Gli
autori hanno scritto in condizioni di estrema precarietà: sotto i bombardamenti
e durante le continue fughe. Per i poeti la poesia diventa atto di resistenza,
la forza delle parole diventano tentativo di sopravvivenza. Così quando
intorno c’è devastazione, le parole non si limitano a raccontare il dolore;
diventano una forma di salvezza, un mezzo per preservare l’umanità di chi le
scrive e le legge.
Il loro grido
è la mia voce è
il titolo dell’antologia da cui sono tratte alcune delle opere che leggeremo, curata
da Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti. La raccolta propone
una selezione di poesie di dieci autori palestinesi tra cui: Hend Joudah, Ni’ma
Hassan, Yousef Elqedra, Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer. Le loro parole portano
con sé il suono delle strade di Gaza, il fruscio delle foglie che resistono al
vento, il pianto dei bambini e il canto degli ulivi.
Dunque i versi Gaza sono una
testimonianza di vita, un atto d’amore verso una terra che non smette di
sognare la libertà e in un mondo che spesso preferisce voltare lo sguardo, le
poesie si ergono come fari e illuminano ciò che rimane nascosto.
Cosa significa essere poeta in tempo di guerra?
Significa
chiedere scusa,
chiedere
continuamente scusa, agli alberi bruciati,
agli
uccelli senza nidi, alle case schiacciate,
alle
lunghe crepe sul fianco delle strade,
ai
bambini pallidi, prima e dopo la morte
e al
volto di ogni madre triste,
o
uccisa!
Cosa significa essere al sicuro in tempo
di guerra?
Significa vergognarsi,
del tuo sorriso,
del tuo calore,
dei tuoi vestiti puliti, delle tue ore
di noia,
del tuo sbadiglio,
della tua tazza di caffè,
del tuo sonno tranquillo,
dei tuoi cari ancora vivi, della tua sazietà,
dell’acqua disponibile, dell’acqua pulita,
della possibilità di fare una doccia,
e del caso che ti ha lasciato ancora in
vita!
Mio Dio,
non voglio essere poeta in tempo di
guerra
Ni’ma
Hassan (Poetessa e scrittrice, impegnata nell’uso delle arti
per la cura dei bambini vittime di traumi di guerra)
Una
madre a Gaza non dorme…
Ascolta il buio, ne controlla i margini,
filtra i suoni uno ad uno
per scegliere una storia che le si addica,
per
cullare i suoi bambini
E dopo
che tutti si sono addormentati,
si erge
come uno scudo di fronte alla morte
Una
madre a Gaza non piange
Raccoglie la paura, la rabbia e le preghiere nei suoi polmoni,
e attende che finisca il rombo degli aerei,
per
liberare il respiro
Una madre a Gaza non è come tutte le
madri
Fa il pane con il sale fresco dei suoi occhi…
e nutre
la patria con i suoi figli.
Yousef
Elqedra (Studente universitario di lingua e letteratura araba
a Gaza)
Posso scrivere una poesia
con il sangue che sgorga,
con le lacrime, con la polvere nel mio petto,
con i denti della ruspa, con le membra smembrate,
con le macerie dell’edificio, con il sudore della protezione civile,
con le urla delle donne e dei bambini,
con il
suono delle ambulanze, con i resti di un albero che amo,
con tutti questi volti che cercano i loro dispersi,
con la
voce del bambino Anas sotto le macerie che dice: “Sono ancora vivo”,
con i corpi senza lineamenti,
con
l’attesa, l’attesa, e ancora l’attesa!
Posso scrivere una poesia con il fragore del tradimento,
con il silenzio nudo,
con la neutralità viscosa, con l’impotenza svelata,
con il servilismo verso l’America.
Cosa può
una poesia?
Refaat Alareer (Intellettuale e poeta palestinese)
Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un po’ di carta
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza,
guardando il cielo
negli occhi
in attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma
senza dare l’addio a nessuno
nemmeno alla sua stessa carne
nemmeno a se stesso
veda l’aquilone, il mio
aquilone che tu hai fatto,
volare là sopra
e pensi per un momento
che un angelo sia lì
a riportare amore.
Se dovessi morire,
fa che porti speranza
fa che sia un racconto!
Commenti
Posta un commento