REPORT 1 DEL 21.9.2021
...e ci sarebbe molto da raccontare sul recente incontro del nostro Festival, che ha visto come protagonisti Lucia Lo Bianco e Vincenzo Mastropirro. Ne avrei anche desiderio ma, consapevole che altri stanno curando il report della serata, è giusto che mi faccia da parte.
Tuttavia,
desidero mettere in luce un passaggio che rivela un tratto distintivo non solo
della nostra meridionalità, ma di tutti coloro che, come i nostri illustri
ospiti e poeti, si dedicano con passione alla poesia. Vincenzo Mastropirro,
rispondendo alla domanda su quanto il dialetto possa essere un veicolo di
maggiore espressività e un legame autentico con le proprie radici, ha
affermato: “Ho appreso la lingua da mia madre”. Lucia Lo Bianco, che ha
successivamente ripreso questo stesso concetto, ha sottolineato quanto l’essere
siciliana abbia infuso il suo verso di una profonda pregnanza.
Entrambe le risposte ci conducono verso orizzonti più ampi,
in cui, finalmente, si dissolvono i confini geografici e la poesia si legittima
nel respiro universale che le appartiene. Secondo Massimo Cacciari, la poesia
sembra oscura proprio perché si confronta con l'abisso di ogni parola; gli
antichi greci parlavano della necessità dello σκότος - «oscurità, buio» in
poesia - come un mezzo per oscurare le attese e rivitalizzare la capacità
interpretativa di chi riceve il verso.
Mentre la filosofia cerca chiarezza e utilizza il linguaggio
per argomentare e trarre conclusioni, la poesia invece echeggia la radice
ultima della parola, forse in una ricerca spasmodica di purezza e
originarietà. In questo senso, per Cacciari, la poesia è un ritorno alle
madri, l’atto di comunicazione più profonda che risuona attraverso i
secoli.
AC
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