Vi aspettiamo all’edizione 2024 - Pasquale Piro

 

Tre giorni coinvolgenti, ricchi di spunti di riflessione, idee, confronti a più voci, momenti intensi che il sogno della parola ha suscitato nei partecipanti, trasformando una platea di sconosciuti in una comunità di “Desiderantes” consapevoli.   Questo e tanto altro è stato il festival poetico “A sud di ogni altrove” che si è chiuso col terzo appuntamento del 2023 questo ultimo sabato di settembre. Innovativo anche il format scelto dalla Poetessa e direttrice del festival Angela Caccia, che ha sapientemente deciso di accostare ai nomi noti del panorama letterario italiano anche poeti locali e nuovi talenti. Nell’ultimo appuntamento di sabato 30 settembre il pubblico intervenuto ha potuto incontrare due poeti famosi  Sergio Pasquandrea e Lucia Triolo, dopo aver incontrato nei precedenti appuntamenti altri poeti della stessa levatura, quali Claudia Piccinno e Alfredo Panetta nella prima serata e  Pasquale Vitagliano nella seconda.

Tutti e tre gli appuntamenti sono stati moderati dalla giornalista Daniela Galasso.

 Dal confronto avuto in questi tre fertili appuntamenti è emersa a gran voce la necessità, in un tempo di povertà estrema come quello in cui stiamo vivendo, della indispensabilità della poesia. Tutti i partecipanti sono tornati a casa con la consapevolezza che la poesia non è solo una creazione dall’indubbio valore estetico, ma è soprattutto un’ancora di salvezza stabile, una strategia per il disarmo unilaterale del dolore, una raffinata forma di scaramanzia verso l’angoscia dell’ignoto, una testimonianza di vaticinio, un vaccino alla volontà di potenza, una sfida alla finitudine. Una strada che percorre chiunque sceglie di cantare le gesta eroiche della gente comune e che sceglie il potere del canto per rendere grande la disperazione e magnificare l’invisibile. Ma se la poesia è così indispensabile, quanto sono importanti i poeti? Quanto necessari questi custodi della soglia?

 È la domanda che si era posta Heidegger nel saggio-conferenza “Perché i poeti?”

In quel saggio il filosofo tedesco riprendendo la famosa domanda che Hölderlin si era già posta nell’elegia “Pane e Vino”: “Perché poeti in tempo di povertà?” – aveva individuato nella morte di Dio e quindi nell’impossibilità della salvezza la risposta. Heidegger sosteneva che «i più arrischianti sono coloro che nella mancanza di salvezza si rendono conto del nostro essere senza-protezione. Essi apportano ai mortali la traccia degli Dei fuggiti nelle tenebre della notte del mondo. I più arrischianti, in quanto cantori della salvezza, sono i “poeti nel tempo della povertà”».

 Ecco! se dunque come ci ha suggerito il Poeta Alfredo Panetta, la poesia è il sogno della parola, il sogno di tutte le ombre luminose quali sono i poeti, come ci insegna Federico Garcia Lorca, è quello di collegare gli uomini a Dio, oltre lo spazio ed il tempo. Nulla di più necessario in un mondo che ha eletto la tecnica a  religione e guida morale di un mondo che sta perdendo progressivamente la memoria.

 Vi aspettiamo all’edizione 2024.

                Pasquale Piro







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