Quando a una persona manca la poesia... - Maria Concetta Ammirati
Nel celeberrimo discorso tenuto in occasione del premio Nobel per la poesia, il 12 dicembre 1975, Eugenio Montale si pone un interrogativo quanto mai attuale: «Nella civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell’uomo robot, quale può essere la sorte della poesia?»
Ha senso oggi la poesia?
Montale, il poeta del “male di vivere”, non aveva dubbi. Pur anticipando , in maniera assolutamente visionaria, i rischi della contemporaneità, il poeta ligure era convinto che nonostante la diffusione incontrollata della comunicazione in ogni sua forma e la facilità e la velocità dei consumi «non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione».
Quindi che senso ha oggi un Festival di poesia?
La poesia è necessaria. Lo dimostra il fatto che attrae, in maniera quasi inaspettata, un pubblico vasto e vario di lettori. Non ci riferiamo solo all’architettura di versi e strofe (che tanto ispira anche il flow del rap), ma alla parola che si fa musica. La poesia è vita e dà vita ai pensieri.
Orazio, nella famosa epistola ai Pisoni lo spiegava riprendendo il concetto aristotelico secondo il quale la poesia è un organismo vivente, un essere naturale che trova la proporzione e l’armonia delle parti in un determinato ordine e in una giusta grandezza, armonia che è condizione fondamentale del Bello[1].
Le ragioni di un festival di poesia sono dunque immediate: un festival di poesia è necessario perché la poesia è necessaria.
Gli anni di docenza nella scuola secondaria di secondo grado mi hanno insegnato che la poesia, l’arte della parola, piace agli studenti. È necessario educare alla poesia. È grazie ad essa che si ritorna a leggere con lentezza, ritrovando le virtù del silenzio, della riflessione, del raccoglimento e di un uso qualitativo del linguaggio. La poesia racconta la resistenza eroica della volontà di incontro dell’IO con i MOLTI, con il NOI.
«Occorre di nuovo interrogare la parola: occorre interrogarla per la comunione che promette, per le risposte che dà ai problemi degli uomini, per la testimonianza e la partecipazione che chiede[2]».
La parola poetica parla una lingua universale, resta, antica e futura, è ‘altrove’ e, per questo, incredibilmente attuale.
Per usare le parole di papa Francesco, nella catechesi del 24 giugno 2020: «Quando a una persona manca la poesia... la sua anima zoppica[3]».
Maria Concetta Ammirati
docente al Liceo Classico Borrelli di S.Severina
[1] Orazio, Ars poetica, 1-41
[2] M. Mencarelli, Creatività e valori educativi. Saggio di teleologia pedagogica, La Scuola, Brescia, 1977, p. 280.
[3] Cfr. «L’Osservatore Romano», 25 giugno 2020; lo spunto di questa celebrazione della poesia è dato dal Salmo 18.
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