L’essere umano come soggetto attivo dei sentimenti - Lucia Triolo
Ha senso il progetto di un’educazione ai sentimenti, per i
giovani anzitutto, ma anche per quelli che non lo sono più? Quale scuola
potrebbe farsene carico? In un mondo come quello di oggi, violento e violato
dall’uomo, che brucia distrutto dal disastro ambientale, l'idea acquista una
valenza assai scomoda perché in sé eccezionalmente delicata e fuori dalle rotte
battute dalla cultura di massa. Che senso ha poi legare ad esso la parola
poetica sempre problematica, aperta, direi quasi, provocatoriamente, ineducata?
Eppure è precisamente questa la sfida impegnata dal Festival
di poesia “A Sud di ogni Altrove” organizzato a Santa Severina, in Calabria, da
Angela Caccia, con il concorso del Comune in collaborazione con la Pro Loco
Siberene e il Liceo Classico “D. Borrelli. Un Festival coraggioso se fin dalla
presentazione, la promotrice chiede con urgenza proprio all’esperienza poetica
di assolvere il compito di un’ educazione ai sentimenti.
Qui è chiaramente in gioco una certa visione della poesia. C’è
un’immagine luminosa di René Char che può disegnarne i contorni. Egli considera
“il poeta, custode (conservateur) degli infiniti volti di tutto ciò che vive”
(Fogli d’Hypnos 83). Se il poeta è custode, a lui spetta un compito di
sorveglianza. Se poi ciò che è chiamato a custodire sono “gli infiniti volti di
tutto ciò che vive” se ne potrebbe quasi parlare come di qualcuno chiamato per
vocazione a non escludere nulla dal suo interesse e dalla sua parola.
Nell’ottica di Char, allora, proprio il campo dei sentimenti
può essere vissuto, coltivato, custodito come un pezzo di terra, nel quale il
poeta affonda le mani senza alcuna paura di sporcarsele. Può essere reso
oggetto di cura, di semina e potatura perché contiene in sé l’idea, non
scontata, che dei sentimenti (dolorosi o meno) noi non siamo solo oggetto
passivo, ma possiamo anche essere soggetti attivi. Se questo è vero, dei nostri
affetti siamo per larga parte responsabili in quanto diamo loro vita. Si tratta
di imparare a gestirli: la loro messa a fuoco, la loro denuncia nella parola
poetica educa a non divenirne un prodotto inconsapevole.
C’è in tutto ciò un andare contro ogni agorà pubblicitaria
che fa di noi oggi, specie se giovani, soggetti sommersi e travolti da ciò che
proviamo; soggetti che spesso non sanno come prendere in pugno le proprie
emozioni e ne divengono, insegna la cronaca, facilmente vittime. I sentimenti
non vanno dispersi, sono preziosi! Ricordo en passant la “custodia del cuore”,
tanto cara a certa mistica o ancora l’invito a “non gettare le perle ai porci”
tanto prezioso come insegnamento di vita. La parola poetica ovviamente non
basta a migliorare l’uomo. Non è questo il suo compito, ammesso e non concesso
che ne abbia uno. Ma non mistifica e lo mette dinnanzi a se stesso, come
dinnanzi a uno specchio. Lo mette a nudo come soggetto responsabile,
accollandosi per proprio conto tutto il peso della presa di coscienza che
suscita in coloro che lascia scoperti, senza veli.
A Sud di ogni Altrove
In realtà, nel titolo di questo Festival cova un’idea
particolarmente feconda: l’educazione ai sentimenti come programma culturale,
con tutto ciò che, lo si è accennato, comporta, non è lasciata al caso o ad una
ipotetica buona volontà, piuttosto prende vita “A Sud di ogni Altrove”.
Come intendere questa espressione? Ognuno sa che di Sud si
può parlare in un duplice senso:
-per un verso alludendo ad una connotazione geografica.
-per l’ altro alludendo ad un suo tristemente noto
significato metaforico: “profondo sud”.
La relazione tra i due sensi è facilmente coglibile: la
connotazione geografica del primo è la miccia che innesca nel secondo un
aspetto degenerativo. Metaforicamente parlando, il sostantivo designa qualcosa
che sta giù, in fondo, difficile da vedere, oscuro come parte bassa senza luce dell’avventura sociale. Quasi
l’esperienza di vita che la connota non fosse degna di attenzione perché
incapace di tollerare cura e progetti di risanamento. Questa sorta di discriminazione
a scapito del Sud concerne, com’è noto, quasi tutte le situazioni e i contesti
relazionali, siano essi di tipo economico, culturale, politico etc… Si pensi ad
es. alla fuga dei giovani dai paesi del Sud e al loro conseguente
spopolamento..
Qui si incentra la sfida del Festival. La forza dirompente e
bellissima dell’espressione “A sud di ogni Altrove” interpella, a mio avviso,
il meridione a partire dalla poesia come una sorta di luogo dell’anima, quel
nodo aggrovigliato dove l’anima si fa parola. Il Sud è un luogo, ma anche un
tempo, che ci precede e ci si fa innanzi a monte di “ogni altrove”. Muovendo da
lì, il poeta è risucchiato dagli infiniti volti di ogni esperienza cui
agganciare fermamente la propria parola. Egli non è un disancorato dalla
realtà, non è un uomo di élite. Al contrario è uno che sta in mezzo agli altri,
che ne stringe le mani, pulite o sporche che siano.
Se teniamo ferma questa dialettica come il senso stesso
dell’impresa poetica, l’idea del “Sud di ogni Altrove” vi scava ulteriormente
dentro offrendole un ancoraggio più radicale e pervasivo:
“…
Le parole di un poeta si insinuano tra le
espressioni più volgari e basse
nei quartieri più poveri della città
…
L’animo di un poeta è un solitario grido di verità
nato negli spazi fra mali e bugie del nostro tempo
picchiato a morte da tutti gli altri animi
L’animo di un poeta è condannato, non c’è dubbio” (Ko Un, da
L’animo di un poeta)
Come non vedere qui, nella grandezza coraggiosa di questi
versi, un meridione assoluto della poesia che la pervade da ogni latitudine: da
nord come da sud, da oriente come da occidente? Quasi una temperie dello
spirito che spazza via le coordinate spazio/temporali e si impadronisce di noi.
L’ intera rosa dei venti sembra accoglierne il respiro perché la portata della
metafora che indica il fondo, indica per ciò stesso in realtà, anche il
profondo e fa del meridione un luogo/tempo per la profondità. Il poeta pesca
esattamente nel mare burrascoso di questa profondità quando si fa custode di
tutto ciò che vive. Da là tutto il suo discorso trae inizio e orientamento. Da là
prende forma ogni Altrove. Se è poesia, il linguaggio che la esprime è sempre a
“Sud di ogni altrove”.
Il Festival ci mette così sulla pista di una condizione che
è propria del discorso poetico, quasi lanciandoci nell’esplorazione di un suo
DNA non sempre facile da cogliere e da accettare: qualunque sia la provenienza
geografica dell’autore, esso deve portarsi dentro come proprio DNA il gesto di
scendere in basso per scavare nel profondo.
Questo scavo ne costituisce paradossalmente la voglia d’alba
incondizionata resistente a ogni destino di tramonto. L’ eterno desiderio di
inizio è il meridione assoluto della poesia. Non sappiamo dove migreremo. che
sarà di noi domani. Ma domani è dove è sempre possibile ricominciare: la
“condanna” dell’animo del poeta è riscatto per gli altri.
Poeta, narratrice, saggista, docente universitaria
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