La Poesia in gioco - Giovanna Calvo

 


Si comincia a dire loro le filastrocche, poi le poesiole, poi le poesie, poi le fiabe: sono bambini e si divertono, pensano, sorridono e ridono, felici. E’ un mondo affascinante e vorrebbero sempre ascoltare qualcuno che racconti, che narri, che legga per loro. Crescono. Con la “grammatica della fantasia” e l’immaginazione.

 Poi arriva la scuola.

Ci sono molte cose da imparare, di altro, e per fortuna i bambini sono curiosi. Ma proseguendo negli studi il mondo che li aveva affascinati, scompare. Non lo ritroveranno più. Sono finiti i giochi.

Nessuno più dice loro che la poesia è un gioco. Che è un “giocattolo”, con il quale potrebbero giocare per tutta la vita. Un giocattolo da smontare e rimontare per capire come è fatta la poesia. Che, come tutti i giochi, è una cosa seria, che ha le sue regole. E da adulti possono stravolgere le regole e continuare a divertirsi. Ma di più: possono ri-trovare un senso, il senso, l’anima. E ogni momento è buono per fare poesia o leggere.

Con il tempo la recuperi poi la poesia, il verso esatto che cerchi, quando ne hai bisogno. Perché c’è sempre bisogno del verso poetico ma un aiuto dalla scuola, dagli insegnanti, con cuore e mente aperta, serve eccome. Ma purtroppo di poesia, di come si fa, e della sua importanza come materia di studio e laboratorio non ci sono tracce nelle nostre aule.

E serve, è necessario, anche un Festival della poesia, quello organizzato a Santa Severina, delizioso borgo calabrese. L’impegno, il motivo dell’evento è quello di far conoscere i poeti, quelli del sud, che non sono così noti a livello nazionale. Ma sono tanti e meritano, per la loro ricerca poetica, di essere conosciuti.

Un festival è l’occasione giusta. Se le donne lottano ancora per avere “una stanza tutta per sé”, i poeti, anche meridionali, devono poter avere un festival tutto per loro.

Giovanna Calvo

giornalista e docente di scrittura creativa


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